One Piece: Dawn on the Red Line

Phoenix

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view post Posted on 8/8/2013, 17:11
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INTRODUZIONE:

Dunque.
Non è la prima volta che ho tentato di pubblicare questa storia, purtroppo non sono mai riuscito a sviluppare decentemente la trama un tantinello complessa e di gestire tutti i personaggi. Però sta volta mi sono messo d’impegno e l’ho aggiustata per bene :sisi:
Non mi cimentavo in una Long fic da un botto, ma quando ti giunge l’ispirazione non puoi fare a meno di metterla da qualche parte! Così eccomi qui, a raccontare questa storiella mista a mitologia egizia di cui vado matto e azione moderna, spero di riuscire a strappare un minimo d’interesse al lettore :ohdio:
Piccolo preavviso. Il primo capitolo è soltanto un’introduzione. I protagonisti reali della storia compariranno esclusivamente dal secondo capitolo in poi, dovrete avere un po’ di pazienza.

E allora… cominciamo!
*si apre il sipario


_________________________________________________________________________________
CAPITOLO 1: Il Falco e lo Sciacallo

Bianco, Nero. Giorno, Notte. Sole, Luna. Ogni cosa in natura ha un proprio opposto e un proprio ruolo nel grande cerchio dell’universo. Il bene insieme al male sono le più grandi rappresentazioni di questo disegno universale. Opposte e immortali.
La dicotomia tra Bene e Male è sempre stata descritta dagli antichi poeti, scrittori e artisti fin dalla preistoria, e per tutte le popolazioni che seguirono.

3000 a.C.

Sorge il “dono del Nilo”, ovvero l’antico Egitto come lo descrive il grande intellettuale greco Erodoto.
Fin dall’inizio di questa civiltà, secondo i miti, gli Dei hanno combattuto per la sopraffazione del bene sul male. Il più grande e potente di tutti loro era Osiride, il padre e il Re degli Dei.
Tutti gli Dei amavano e rispettavano Osiride, ritenendolo un sovrano saggio e giusto, il suo giudizio era considerato inoppugnabile, poiché, se era originato dal Re degli Dei, doveva necessariamente essere il più corretto che si potesse concepire.
Non può esistere però un tale potere, senza che esista qualcuno desideroso di ottenerlo.
Il fratello di Osiride, Seth, era geloso del potere del Padre degli Dei, e da tempo tramava alle spalle di tutti per conquistare il suo trono.
Seth, al contrario di suo fratello era un uomo meschino, sadico e senza pietà. “Infido come mille sciacalli affamati” dicevano alcuni.
Il Dio del caos raggiunse l’apice della sua ambizione quando progettò di uccidere il fratello, dividendolo in 14 pezzi per dimostrare agli altri Dei la sua brutalità e perfidia.
Compiuto il misfatto, Seth avrebbe potuto proclamarsi il nuovo Re degli Dei, godendo della parentela diretta con Osiride, ma aveva ancora un ostacolo da superare.
Il figlio di suo fratello, Horus, il dio del sole e della luce.

*



Nekhen, grande città della prima dinastia dell’antico Egitto.
Il buio manto della notte si estendeva su tutta l’antica metropoli. I grandi Nobili, così come gli schiavi, erano assopiti cullati dalle braccia di Morfeo. Le stelle illuminavano la città, circondando la luna splendente, rendendo i grandi palazzi lucenti di una tiepida luce biancastra.
Il silenzio era palpabile. Tra le grandi e imponenti costruzioni non c’era una singola anima viva, e tutto sembrava essere immerso in un sogno di pace e tranquillità di cui solo la luce delle stelle era testimone.
Ma una grande ombra oscurava questa luce passando rapida e silenziosa su alcuni palazzi, scivolando sulle strade illuminate e sulle finestre dei cittadini.
Un imponente rapace volava in alto, intorno alle nuvole buie della notte: uno splendido falco bianco e grigio, decisamente più grande di un normale volatile di quel genere.
Lo sguardo deciso lo rendeva quasi umano, sembrava a caccia di qualcosa, qualcosa che non sembrava un semplice coniglio da sgranocchiare.
Il falco si diresse in picchiata verso la cima di una torre, arrivato nelle vicinanze del tetto di essa, spalancò le grandi ali e atterrò con eleganza sul grande cornicione, per poi scrutare attentamente la città come solo un falco sapeva fare.
Intanto, in basso, tra i vicoli bui della metropoli, qualcosa osservava il rapace intento nella sua ricerca.
Nell’oscurità più fitta, quasi innaturale, un paio di grandi occhi rossi scintillanti come rubini erano puntati sul falco, che ancora non si era accorto di essere osservato.
Una grossa zampa simile a quella di un cane uscì dal buio, calpestando il terreno sabbioso, pian piano l’intera figura di un’ enorme sciacallo fuoriuscì dalle tenebre.
Il carnivoro ringhiò con decisione verso il falco, pur mantenendo un tono basso per non farsi sentire.
Approfittando della distrazione del rapace, lo sciacallo saltò con abilità da un palazzo all’altro, percorrendo grandi distanze lungo i muri, finché con un ultimo, potente salto, raggiunse il tetto ove il volatile era appollaiato, dandogli le spalle. Il tutto senza emettere il più piccolo rumore.
Con sinuosi movimenti simili a quelli di una tigre, il carnivoro si mosse verso il nemico, i suoi occhi di brace puntarono il suo collo, e leccandosi i canini affilati, preparò un ultimo balzo…
Una luce abbagliante, proveniente dal grande falco che intanto aveva aperto le grandi e possenti ali, abbagliò lo sciacallo che chiuse gli occhi con un guaito.
Quando gli ebbe riaperti, il rapace non c’era più, un aitante ragazzo sulla ventina aveva preso il suo posto. Aveva un’elegante copricapo cilindrico da faraone color cobalto sotto la quale si intravedevano luminosi capelli biondi. Una collana d’oro grande abbastanza da coprirgli il torace non nascondeva il suo fisico sviluppato, sotto la quale, all’altezza della cintura, una sottana bianca costituiva il suo unico vestito.
Era un giovane di una bellezza quasi impressionante. Aveva dei lineamenti gentili ma decisi, i suoi occhi erano ambrati come quelli di un falco, ed emanavano una luce calda e rassicurante, anche se in quel momento le sue sopracciglia erano inarcate in segno di sfida.

«Sono sorpreso…» disse piano il ragazzo biondo «Non credevo che ti saresti abbassato ad attaccare alle spalle in questo modo».

Lo sciacallo rimase immobile per un momento, fino a quando delle lingue di fumo nero come pece non si avvilupparono intorno a lui come serpi che abbracciavano la propria preda.
Quando il fumo nero si diradò, un uomo di neanche quarant’anni aveva preso il suo posto. Era vestito in maniera simile al ragazzo biondo, ma i colori che predominavano erano Nero, Grigio e Marrone scuro. Sotto il copricapo nero come la pece un volto dai lineamenti affilati come coltelli. I suo occhi erano rossi come il sangue e brillanti come rubini, mentre i suoi capelli erano di un cupo e spento nero pece.

«E io mi sarei sorpreso se tu non te ne fossi accorto» mormorò l’uomo «Non sarebbe valso la pena di combattere contro qualcuno che non è capace neanche di respingere un attacco così banale. Non trovi, Horus?»

Il ragazzo biondo ridacchiò.

«Forse hai ragione, Seth…» si voltò, mostrando un intenso sguardo dagli occhi ambrati come quelli di un aquila. «Questo ti dimostra che non sono un ingenuo, come hai sempre pensato.»

«Vero, sarò costretto a ricredermi.» disse Seth, con un leggiero sorriso «Eppure tuo padre lo era… »

Horus inarcò le sopracciglia ancora di più, in uno sguardo che sfigurò il suo bel volto «Non ti permettere neanche di nominarlo! Tu, che lo hai pugnalato alle spalle come un vile sicario!»

Seth al contrario allargò il suo sorriso, mostrando dei canini più lunghi del normale, che gli davano un’aria selvaggia.

«Le tue parole sono pesanti, giovane uomo. Dimmi, cosa farai se continuassi a infangare la memoria di tuo padre?»

Un altro lampo luminoso, simile a quello che aveva permesso la mutazione del falco, e nelle mani di Horus comparvero due sciabole d’oro scintillanti come il sole.

«T i ucciderò…» ringhiò il biondo.

Il Dio Sciacallo non smise di sorridere. Nuove lingue di fumo nero si cosparsero attorno alle sue mani, che diradandosi, fecero comparire una grande asta di ferro nero, ai cui apici vi erano fissate due grandi lame d’argento a mezza luna.

«Beh…» disse tranquillo «sei qui per questo, no?»

Horus tenne lo sguardo fisso sugli occhi di fuoco dello zio, senza mai abbandonare lo sguardo di sfida.

«Hai ragione.» cominciò il biondo «Io oggi porrò fine alla tua vita.»

Inspirò e sospirò profondamente, quasi infastidito dalle parole che stavano per uscirgli bocca.

«Ma prima che metta fine alle tue sofferenze, rispondimi: Perché hai fatto questo? Davvero sei arrivato ad uccidere tuo fratello soltanto per gelosia?»

Seth perse il suo sorriso beffardo, e rivolse al nipote uno sguardo così serio da far quasi paura.

«Quando sei costantemente circondato dalla morte, dopo un po’ smetti di dare importanza alla vita.»

Il suo sguardo si era fatto più profondo e cupo, ma sul suo volto ricomparve di nuovo un sorriso. Questa volta era sadico e terrificante.

«Per volere dei nostri padri, io sono stato incaricato del compito più glorioso che chiunque possa ricevere. Il dominio del Caos: la morte, la distruzione, la malattia, la fame, la guerra. Tutto ciò che causa sofferenze mi riguarda personalmente. L’essere umano teme me e tutto ciò che io rappresento, ecco perché devo essere io a governare voi Dei e questo mondo. Gli esseri umani non fanno altro che combattersi ed uccidersi tra di loro, per questo hanno bisogno di un sovrano che li governi con il terrore! E non con la giustizia e la saggezza, come faceva quello sciocco di tuo padre!»

Seth sembrava esaltarsi oltremodo ascoltando le sue stesse parole, mentre sul volto di Horus si disegnò un espressione mista tra rabbia e puro disgusto.

«Tu non sei altro che un folle. Continua pure a pensare che questo mondo debba essere governato con il terrore. Ma finché ci sarò io a impedirtelo, non prenderai il trono di mio padre!»

Di fronte a lui, suo zio sembrava piacevolmente sorpreso della reazione che aveva avuto il nipote, ciononostante non si scompose.
Strinse più forte con entrambe le mani la sua alabarda, puntandola contro l’avversario senza smettere di sorridere sprezzante.

«Se è vero quello che dici… allora forza, attaccami! Fammi vedere quanto sei forte, figlio del sole!»

Il Dio falco non poté sopportare oltre.
Con uno scatto impressionante si diresse contro suo zio, sfoderando un fendente orizzontale con entrambe le spade, attacco che Seth parò con decisione.
Horus non si arrese, continuò ad attaccare con estrema velocità, ma il potente Dio nemico parò o schivò ogni suo fendente.
Schivando un ultima volta, Seth si esibì in un potente balzo all’indietro, atterrando a piedi uniti su un palazzo che era alle sue spalle.

«Se devo dirtelo, mi aspettavo di meglio…» mormorò deluso.

Horus non cambiò assolutamente espressione, e senza rispondere caricò un salto e si diresse contro il nemico, preparando altri fendenti. Questa volta Seth decise di attaccare, cosicché il dio falco fu costretto ad eseguire in volo una parata invece che un attacco. Dandosi lo slancio dalla sua stessa spada, atterrò poi alle spalle dello zio, che non si lasciò sorprendere e continuò ad attaccare il nemico agendo per primo.
Seguì una violenta e veloce lotta sul palazzo, i rumori del acciaio si estendevano lungo tutta la città, lampi neri e dorati scaturivano dal tetto della costruzione, inondando l’intera metropoli di lampi improvvisi di luce bianca e oscurità profonda.
Horus e Seth sembravano incapaci di sentire la stanchezza mentre i loro fendenti si scontravano uno contro l’altro, finché dopo un ultimo boato metallico ci fu il silenzio.
I due Dei erano l’uno di fronte all’altro, con le armi sfoderate e senza che nessuno dei due accusasse il più leggero sintomo di affaticamento.

«Devo farti i miei complimenti Horus, sei un combattente molto capace» disse Seth, squadrando il nipote fingendo ammirazione «Ma credo che adesso potremmo cominciare a fare sul serio… che ne dici?»

Horus sorrise leggermente, roteando le sciabole con movimenti esperti «Non aspettavo altro.»

Il dio sciacallo ricambiò il sorriso del biondo. Poi, senza mostrare la benché minima fatica e senza fare alcun movimento, il suo corpo si spostò in aria, mentre un vento innaturale cominciò a soffiare attorno a lui.
Seth aprì entrambe le braccia, tenendo sempre l’alabarda stretta nella mano destra. Enormi nuvoloni neri cominciarono ad apparire quasi dal nulla, roteandogli attorno come in una tetra danza di morte, accompagnata dall’improvviso rumore dei tuoni e dal fragore dei lampi che scaturivano dalle nubi minacciose e innaturali, che ormai avevano occupato l’intera volta celeste in un raggio di decine e decine di chilometri.
Il rumore dei tuoni si espandeva come il ruggito di migliaia di leoni affamati pronti ad agguantare la preda indifesa. La luce delle stelle era ormai un ricordo, la sola cosa capace ancora di illuminare il cielo erano i fulmini che saettavano intorno al Dio del Caos.
Era uno spettacolo davvero spaventoso. Seth era al centro di quell’enorme tormenta di fulmini, tuoni e nubi di pece, con un espressione seria e decisa.

«Adesso, preparati a morire, figlio di Osiride!» esclamò, puntando la sua alabarda contro il nemico.

Horus era impressionato, ma non si fece cogliere di sorpresa: scattò in alto, verso l’avversario, illuminandosi lentamente fino ad assomigliare ad un raggio di sole pronto a dissipare le tenebre.
Dalla lama dell’alabarda di Seth schizzò un potentissimo fulmine violaceo che puntò dritto contro di lui.
Il biondo era pronto a reagire: con un solo colpo di entrambe le spade più lucenti di migliaia di stelle colpì il fulmine, che si dissipò immediatamente.
Senza fermarsi, continuò a puntare verso l’avversario con entrambe le spade sfoderate e pronte al colpo. Il doppio fendente dall’alto verso il basso si scontrò improvvisamente con l’asta d’ebano di Seth.
Nel preciso istante in cui le lame si incontrarono con il bastone, una luce intensissima si irradiò dalle sciabole, illuminando tutta la città per un attimo più breve di un battito di ciglia.
Horus e Seth erano faccia a faccia, con entrambi i volti sfigurati dallo sforzo di bloccare ognuno l’arma dell’altro, senza quasi rendersi conto della tempesta mortale che si era prepotentemente formata attorno a loro e che continuava a sfoderare lampi e tuoni che sembravano bombardare l’intera metropoli.

«Dici che essere circondato dalla morte ti fa dimenticare l’importanza della vita.» cominciò Horus, parlando a pochi centimetri dal volto dello zio «Adesso vedremo quanto ancora dai importanza alla tua!»

Diede una violenta spinta con entrambe le sciabole allontanando il nemico da lui di qualche metro, per poi riprendere ad attaccarlo con furia, roteando entrambe le armi come lame in preda ad una furiosa tempesta.
Seth riusciva a parare tutti i colpi, causando violente e rumorose esplosioni di luce ogni volta che le spade toccavano la sua alabarda.
I due Dei in volo sopra la miriade di case di Nekhen generavano violentissimi e veloci boati luminosi, provocando uno strabiliante quanto spaventoso spettacolo di luci intensissime che si alternavano a momenti di oscurità quasi opprimente.
I loro colpi, nonostante venivano eseguiti ad una considerevole altezza, sembravano dare origine alle violentissime scosse sismiche che scuotevano il terreno con una forza spaventosa, il vento cominciò a farsi sempre più impetuoso e potente, tanto da spazzare carretti, alberi, barili e altri oggetti dal peso non indifferente. La battaglia delle due divinità percuoteva di rimando l’intero terreno circostante, rendendolo un turbinio di caos e distruzione pura.
Dopo parecchi attacchi senza successo da parte dei due combattenti, Seth riuscì a trovare un punto debole nella difesa apparentemente impenetrabile del suo nemico, approfittandosene nel colpirlo con tutte le sue forze.
Horus riuscì a parare il colpo che gli era stato infetto all’altezza dell’addome, ma la sua difesa fu debole, perciò fu costretto ad indietreggiare di una decina di metri dal suo avversario, riuscendo comunque a mantenersi in volo.

«FOLLE! Come puoi sperare di sconfiggermi!?» esclamò il bruno, con il volto rivoltato dalla rabbia «Io sono Seth! Il Dio del Caos, della Distruzione e della Morte! Tutto ciò che comincia a questo mondo finisce per mano mia!»

In preda ad un ira palpabile, Seth si lanciò come un toro verso il nipote sventolando l’alabarda come un’ascia sopra la testa. I suoi occhi erano più rossi e brillanti che mai. E i fulmini attorno a lui si facevano sempre più frequenti e rumorosi.

«TU STESSO SUBIRAI QUESTA SORTE!»

Horus fu colto di sorpresa dalla furia ceca del suo avversario, i cui colpi si fecero più violenti e difficoltosi da parare. Ogni fendente veniva sferrato con la forza di cento uomini, lasciando al Dio falco poco tempo e fiato per contrattaccare.
Man mano che andava avanti, i colpi di Seth si facevano ancora più insistenti, finché con uno di essi non riuscì a rompere definitivamente la difesa dell’avversario, che naturalmente non lasciò impunito.
Con un unico gesto fulmineo, il Dio del Caos infilò tre dita nell’orbita sinistra di Horus la cui vista divenne improvvisamente rossa di sangue.
Un ultimo, violento strattone , e il suo occhio sinistro fu strappato dal suo cranio, dietro il suo sguardo ormai buio esplose l’agonia.
Avvertì un dolorosissimo colpo da impatto all’altezza del torace, e si sentì scagliare a parecchi metri d’altezza verso il terreno.
La sua schiena si infranse su un paio di muri prima di atterrare definitivamente sulla sabbia fredda della notte.
Horus si risollevò ancora dolorante, con la mano sinistra posta sull’orbita vuota e sanguinante.
Seth giunse a pochi metri da lui, sempre sollevato di un metro dal terreno e con il corpo cosparso da frequenti scariche elettriche di colore viola scuro.

«Soffri, giovane uomo, soffri come non hai mai sofferto. Perché alla fine di questa sofferenza potrai finalmente accogliere con gioia la pace della morte.»

Il biondo barcollava visibilmente, con il volto che ancora sanguinava parecchio. Tentò di parlare, ma la sua voce era flebile e affaticata, nonché interrotta continuamente da profondi respiri affaticati.

«N-non ti lascerò mai… prendere il trono… di mio padre…»

Con un gesto deciso, strappò un pezzo della sua sottana, legandoselo poi attorno alla testa a mo’ di benda, coprendo l’uscita di sangue dall’orbita sinistra.

«Anche se dovesse costarmi la vita… lo giuro sulla sua tomba… tu… non lo sostituirai mai.»

Sollevò lo sguardo verso il suo avversario, mostrando l’unico occhio rimastogli pervaso dall’ira. Seth però non si fece affatto impressionare, anzi, rispose al nipote con un sorrisetto divertito e abbastanza irritante.

«Sei proprio come lui. Morbosamente attaccato ai sensi di giustizia e lealtà che alla fine lo hanno portato nella tomba. E proprio come lui, anche suo figliò soccomberà schiacciato da quegli stessi valori che avete considerato tanto cari in vita.»

Horus non poté sopportare che quella canaglia parlasse ancora di suo padre in quel modo. Non ci vedeva più dalla rabbia, l’unica cosa che voleva era fargli più male possibile, e punirlo per ciò che gli aveva fatto. Strinse con forza le spade fino quasi a farsi male, rendendosi orribilmente conto che la loro luce si era affievolita, ma senza tornare indietro sulla sua decisione.

«STAI ZITTO!»

Con una furia selvaggia scattò in avanti dimenticando il dolore all’occhio. Seth non si impegnò neanche troppo nello schivare il suo goffo tentativo di attacco e nel mettergli un semplice sgambetto, facendolo crollare per terra.

«Ma guardati…» cominciò il bruno, con un tono sprezzante ai limiti del disgustato «… il potente principe degli Dei, il sovrano del sole e della giustizia, ridotto a strisciare come un comune essere umano.»

Horus non gli diede ascolto, era troppo impegnato a rialzarsi sulle sue gambe tremanti per potergli rispondere, o meglio, per poterlo insultare. Perché nonostante la situazione, non si sarebbe mai arreso, avrebbe combattuto fino alla morte pur di vendicare suo padre e proteggere il trono che gli spettava di diritto. Non lo avrebbe mai lasciato in mano a quella canaglia del suo crudele zio. Mai.

«Se credi che accetterò di soccombere per mano tua così facilmente… ti sbagli di grosso.» ansimò il biondo rimettendosi in piedi «Io, oggi vendicherò mio padre… e tu ti pentirai amaramente di avermi sfidato. Pregherai, chiederai pietà ma io non te ne concederò alcuna… sarai sopraffatto dalla stessa morte che tu tanto idolatri, e alla fine non potrai fare altro che averne paura…»

Seth allargò il suo sorriso in un ghigno terrificante. Per poi esibirsi in una grande risata da far rabbrividire il più coraggioso degli uomini della terra.

«E sentiamo… Come hai intenzione di farmi “pregare e chiedere pietà”, ridotto nelle condizioni in cui sei messo?»

Horus puntò la sua unica pupilla rabbiosa contro quelle dello zio.

«Perché il mio occhio… vedrà dove i tuoi non potranno fare altro che bruciare.»

Appena terminata la frase, il biondo allargò entrambe le mani, e senza preavviso, una gigantesca onda di luce accecante invase la zona, scaturendo direttamente da Horus, che brillava come il sole. Seth sentì i suoi occhi avvampare di dolore, fino a ché tutto intorno a lui divenne un’agonia di pura luce incandescente.
I suoi occhi divennero bui per un paio di secondi, ma appena li strofinò leggermente riuscendo a sollevare le palpebre di poco più di un millimetro cominciò a distinguere le forme.
Purtroppo non ebbe il tempo di vedere altro, perché il dolore esplose di nuovo, questa volta mille volte più intenso, provocato dalla lama di una spada che gli squarciò letteralmente il torace dalla spalla destra all’anca sinistra, avvertendo il sangue che usciva a fiotti dalla ferita.
Finì a terra urlando di dolore, ancora accecato dalla luce abbagliante di poco prima, e sentendo i movimenti del suo avversario pericolosamente vicini a lui.
Si sforzò di aprire almeno un occhio, con la quale riuscì a distinguere l’ombra sfumata di Horus sopra di lui, che gli puntava contro la sciabola destra.
Seth era in preda al panico: era indifeso, accecato, ferito e la sua arma era volata chissà dove. Sapeva che era finita, ma una frase di suo nipote gli accese un minuscolo bagliore di speranza.

«Adesso… supplicami di lasciarti vivere.»

Seth non se lo fece ripetere due volte: «T-ti prego… risparmiami…» borbottò con voce colma di paura e sofferenza.

Horus si avvicinò di più allo zio che continuava abbondantemente a perdere sangue dallo squarcio sul petto. Nel suo sguardo non c’era il benché minimo segno di pietà.

«Scommetto che ora la senti per la prima volta…» mormorò il biondo con un tono indecifrabile. «L’hai sempre avuta attorno a te, l’hai provocata, è stata la ragione della tua esistenza…»

Il bruno indietreggiò un altro po’ continuando a borbottare di essere risparmiato.

«Sei sicuramente l’essere che più ne ha provocata nell’universo... E ora che sei qui a pregarmi per la tua vita…»

Seth la sentiva…

«…finalmente la senti davvero…»

…lo stritolava come una morsa…

«Finalmente…»

…e ormai non poteva farci più nulla.

«…SENTI LA MORTE!»

Horus sollevò una sciabola sopra di lui e la piantò con violenza nel torace del suo avversario, sentendo le costole spezzarsi e il cuore esplodere sotto il peso della sua lama. Il sangue schizzò a fiotti fuori dalla ferita appena inflitta come se ogni singola goccia volesse scappare via da quel corpo crudele e spietato.
Seth finì di dimenarsi in meno di un secondo, accasciandosi sulla sabbia con gli occhi vuoti e spenti, ancora espressi in uno sguardo di puro terrore.
Il giovane Dio sollevò lo sguardo al cielo, che era ritornato limpido e sereno. Le stelle brillavano come non mai. Sembrava quasi che lo stessero acclamando per la sua vittoria.

Padre…ora sei in pace.

*




Ash Bryant si svegliò con uno scatto, freddo di sudore. Ancora una volta svegliato da quell’orribile incubo che lo tormentava ogni notte.


_______________________________________________________________________________

E dunque il primo capitolo è terminato. Non abbiate paura di recensire anche negativamente. :addit:
Come avrete notato questo capitolo è un tantino cruento, in effetti questa storiella avrà dei temi che non consiglio a un pubblico di undicenni. Perciò, mamme e papà, mettete i bambini a nanna.

Detto questo, al prossimo capitolo: “Sogni ricorrenti”!

:ciao:

Edited by Carmy_B - 8/8/2013, 20:25
 
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